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Intervista a Maria Luisa Simone. Maria Luisa Simone, nata a Pavia, ha tenuto mostre personali in tutto il mondo, dalla Germania al Canada, dalla Polonia all'Olanda. Le opere degli ultimi anni che riassumono le sue numerose e varie esperienze figurative sono ora presentate al Comune di Fortunago. Accogliente e talvolta misteriosa ci appare la sua poetica che coinvolge, come dice il titolo dell'esposizione, paesaggi, uomini e carlini , protagonisti che si alternano nelle composizioni come in pagine di contemplazione e di rivisitazione formale. Abbiamo rivolto alcune domande alla pittrice . Dopo tanti itinerari perché una mostra a Fortunago? Quando si esce dall'autostrada a Bereguardo, si percorre qualche chilometro e appare la maestosa cupola del Bramante, la cattedrale di Pavia; mi sembra assistere a un miracolo. Un corpo austero proiettato verso il cielo con una lineare soavità. Questa è la mia città, Pavia. Sono nata qui; mio padre dirigeva la cancelleria del Tribunale. I ricordi si affollano: San Pietro in Ciel d'Oro, San Michele, la strada medioevale che percorrevo per recarmi al Liceo Musicale. Il Palazzo Vistarini, in cui vi erano diverse abitazioni, era la mia residenza. Camere con molto verde e oro, un grande parco con gazebo da cui si vedeva il Ticino. E la campagna intorno, le viole, le risaie rilucenti e su fino alle colline dell'Oltrepò; ho sentito da sempre un legame con questo territorio ampio e variato da tante apparizioni, quasi un intrecciarsi di realtà e leggenda. Poi la vita l'ha portata lontano. Sì, ma pur abitando a Milano, penso sempre a qualche particolare del Pavese. I fine settimana sono regolari e le pause di soggiorno condizionate dalle stagioni. Amo in particolare l'autunno, le sue accensioni di rossi e di arancio, giallo e terra scura. Dopo un lungo viaggio ritorno a Montesegale, a casa. Incomincio a fare schizzi che mi serviranno nei mesi prossimi e comincio a osservare i miei carlini. Questi cagnolini che mi deliziano sono una sorta di avvio emotivo per accostare il paesaggio. Con più sottili riferimenti ottici e, diciamo pure, sentimentali. Le colline che si stagliano sonnacchiose nella valle dell'Ardivestra, i monti più severi di Costa Cavalieri fino a Cosa Pelata. Ed è in questo viaggio dell'anima che si incontra Fortunago, nobile nella sua semplicità, un luogo dove esiste un racconto oltre le mura, tramandato di stagione in stagione. Il canto degli uccelli è la colonna sonora di questo spettacolo; gli alberi e i fiori la cornice. Ha mai sentito la necessità di mostrare agli abitanti di queste valli il risultato delle sue meditazioni figurali? Diverse sono state le mie personali nel Castello di Montesegale, invitata dall'amico Ruggiero Jannuzzelli, alternate a quelle a Milano, a Parigi, a Colonia e nei tanti paesi dove ho esposto. Le mie personali sono più di trecento. Durante l'inverno, quando sono nel mio studio di piazza Mirabello a Milano, mi sembra di essere a Parigi, nella piazzetta Fürstenberg dove aveva studio Eugène Delacroix. Guardo la tela e vedo le acacie fiorite, bianche, grevi di petali, dell'Oltrepò. Questa continua ricerca di terreni intonsi mi riporta la scoperta che feci del Kenia, negli anni Settanta.Quando trovo un ciuffo di erbe scure, mi assale il ricordo della vegetazione della Groenlandia, l'ultima Thule. Ora in questa placida piazza, con l'edificio rosa che mi ospita, assisto a un altro racconto dell'Oltrepò. Una fontana allegra dona le sue acque ai passanti e inizia un racconto: c'era una volta una bambina che giocava al “mondo” davanti a San Michele di Pavia con i suoi angeli e draghi, le piaceva dipingere, e oggi è qui con le sue tele che vivono in questo bel paese, nell'estate del 2006. Per i cinesi questo è l'anni del Cane, quindi è il mio anno. E ci sono altri ricordi? Un altro legame con l'Oltrepò è stata la mia lunga amicizia con Luciano Bernini, allevatore famoso di collies , che aveva prodotto dei “pastori scozzesi” diventati campioni in Inghilterra. Antonella Bruni
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